Non si fermano i suicidi in carcere. Al carcere di Udine si è uccisa, nella cella della sezione protetta, una detenuta transessuale. La tragedia è avvenuta martedì, si è impiccata con un lenzuolo nel bagno del carcere. Inutili, purtroppo, i tentativi di soccorrerlo da parte della polizia penitenziaria e dei sanitari. A darne notizia è il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe, per voce del Segretario regionale del Friuli Venezia Giulia, Giovanni Altomare che ha anche segnalato, sempre nello stesso carcere, un’aggressione di un detenuto con problemi psichici nei confronti dello psichiatra che lo stava visitando. «Ancora una volta – denuncia il segretario regionale del Sappe -, va pur detto, con la riduzione degli organici e gli accorpamenti triplicati dei posti di servizio è sempre più difficile attuare una sorveglianza adeguata nelle sezioni detentive. Difatti, l’addetto alla sezione del piano terra, luogo del tragico evento, doveva sorvegliare altre due sezioni detentive più la rotonda del piano e il cortile passeggi. Insomma, contemporaneamente ricopriva cinque posti di servizio. Peraltro, attualmente, il carcere di via Spalato è interessato da due piantonamenti in luoghi esterni di cura che incidono ulteriormente sull’organico di Polizia Penitenziaria».
Con l’ennesimo gesto, siamo giunti a 31 suicidi dall’inizio dell’anno, compresa una persona ricoverata in una Rems. Lo stesso giorno in cui si è suicidata la detenuta al carcere di Udine, nella mattinata – come già riportato da Il Dubbio – è deceduto nel reparto di rianimazione del locale ospedale un tunisino di 33 anni che una settimana fa nell’Istituto di La Spezia si era impiccato nella sua stanza. Analogamente, il giorno prima- dopo sette giorni di ricovero in terapia intensiva – era morto un 21enne egiziano, detenuto a Viterbo, che avrebbe finito la pena a settembre. Si era impiccato con un laccio rudimentale fermato alle grate della finestra il 23 luglio, poco dopo essere stato assegnato al reparto di isolamento per scontare una sanzione disciplinare risalente a un fatto di marzo. Nello stesso reparto del carcere di Viterbo si trovava anche l’italiano che si è tolto la vita il 22 maggio scorso, dopo sette giorni in isolamento. La media dei suicidi, oramai è di uno a settimana e l’estate potrebbe essere destinata a salire.
Per quanto riguarda la detenuta che si è suicidata ieri, rappresenta una delle problematiche specifiche che riguardano le vulnerabilità di gruppi come, appunto, le persone Lgbti, i migranti e le minoranze etniche. Per le detenute transessuali, una osservazione a parte è stata fatta dalla relazione del 2018 presentata in parlamento e curata collettivamente dal Collegio ( il Presidente Mauro Palma e le componenti Daniela de Robert ed Emilia Rossi) e dallo staff del Garante nazionale. Si apprende che le persone transessuali, attualmente censite in 10 sezioni specifiche con 58 presenze, sono tutte collocate in Istituti maschili. Si legge sempre nella relazione che Il Garante nazionale ha da tempo espresso l’opinione «che sia più congruo ospitare tali sezioni specifiche in Istituti femminili, dando maggior rilevanza al genere, in quanto vissuto soggettivo, piuttosto che alla contingente situazione anatomica». Nello scorso anno aveva valutato con soddisfazione la stesura di un decreto del ministro che, almeno in via sperimentale, andava in questa direzione e ridefiniva le sezioni destinate alle persone transessuali. Purtroppo il decreto non è stato più emanato e il tema sembra sparito dall’agenda delle urgenze. Per questo, Palma raccomanda che sia almeno riaperta la discussione, «anche al fine di considerare le perplessità che possano averne frenato il percorso». Ribadisce comunque, che anche per tali sezioni, la cui specificità è ineliminabile, valga il principio dell’inclusività nella vita detentiva generale dell’Istituto e che siano predisposte sia attività specifiche, sia attività in comune con altre persone detenute.
ildubbio