La Procura ha avviato un’inchiesta per accertare le modalità con cui fu identificato Ndiaye Migui, il senegalese di 26 anni arrestato la domenica di Pasqua dopo aver aggredito con una spranga di ferro un poliziotto, durante un controllo nell’ex area industriale di via Cuneo. Quando l’uomo aveva dato in escandescenza anche negli uffici del commissariato Dora Vanchiglia, scagliandosi violentemente contro gli agenti, era stato chiamato il 118, che aveva poi sedato l’immigrato con un calmante: non più cosciente, gli erano state prese le impronte. Tutto documentato nei verbali e nella scheda d’intervento degli infermieri. Un trattamento sanitario che aveva poi provocato le robuste critiche del pubblico ministero di turno.
Il questore
Dell’episodio, ne ha parlato lunedì scorso anche il questore, Giuseppe De Matteis: «A 40 giorni dal fatto — ha detto durante un convegno del Sap — non è chiaro cosa dovevamo fare e cosa no. Alcuni dicono che si doveva fare in un modo, altri in un altro, ma in 15 secondi il poliziotto ha dovuto decidere, ed era solo». E adesso i magistrati — l’indagine è co-assegnata a due pm — vogliono capire appunto quale procedura fu seguita per fare i rilievi dattiloscopici a Migui, cioè prendergli le impronte. Anche perché, la richiesta (respinta) di sedare una persona fermata con una iniezione era già arrivata a un altro pm, qualche settimana prima. Un intervento che, in caso di resistenza passiva da parte del soggetto da identificare, è vietato dalla legge. Come pure i prelievi di capelli o saliva coatti sono permessi alla polizia giudiziaria solo previa autorizzazione scritta, oppure resa oralmente e poi confermata per iscritto, dal pm, secondo l’articolo 349 del codice di procedura penale. In caso contrario, l’agente in questione rischierebbe l’accusa di violenza privata aggravata.
Polemiche
Sullo stesso tema, che aveva sollevato rumorose polemiche, il procuratore reggente, Paolo Borgna, ha incaricato l’aggiungo Patrizia Caputo di aggiornare il protocollo che riguarda le modalità di identificazione e di trattenimento degli arrestati nelle camere di sicurezza. Caputo coordina infatti il pool Sicurezza urbana, cui fa riferimento anche l’ufficio arrestati. Un intervento chiarificatore invocato dallo stesso questore: «Si parla di quello che avremmo dovuto fare, ma nessuno pensa a porre un rimedio legislativo a quella situazione. Si potrebbe fare un regolamento — ha spiegato De Matteis al convegno — che dica, per esempio, che nei casi di emergenza l’operatore può chiedere la sedazione, certificata dal medico e non dall’autorità giudiziaria. Insomma, bisogna ragionarci su». Proprio quello che sta facendo la Procura. Nei giorni scorsi, lo stesso Borgna aveva ricordato anche le disposizione previste dalla circolare di Giancarlo Caselli: ovvero, nei casi in cui «sin dalle prime ore successive all’arresto emergono condizioni di salute dell’arrestato o sue reazioni violente nei confronti della polizia operante che rendano incompatibile la sua permanenza presso le camere di sicurezza, il pm dovrà disporre con decreto motivato l’immediata traduzione in carcere». Una scelta a tutela degli stessi agenti di pg che hanno effettuato il fermo o l’arresto, e per sfruttare le specifiche professionalità della polizia penitenziaria. Il protocollo riguarderà anche le modalità operative nel caso dei cosiddetti «ovulatori», gli spacciatori che portano nel proprio stomaco le piccole confezioni di droga: e, per i quali, sono necessari specifici e non sempre facili interventi. Un’ulteriore criticità segnalata alla Procura dal Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale.
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