Protestano i medici impiegati nelle carceri: senza strumenti, senza contratto a rischio di aggressioni
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Protestano i medici impiegati nelle carceri: senza strumenti, senza contratto a rischio di aggressioni  

21/03/2020 


Il personale sanitario dei penitenziari italiani "teme per la sua incolumità personale e per il clima che si respira all'interno degli istituti". Lo denuncia Franco Alberti, coordinatore nazionale della Fimmg (Federazione nazionale medici di famiglia) Settore medicina penitenziaria in una nota.

"In questo clima in cui vengono richiesti medici nelle strutture pubbliche è da temere una fuga all'esterno con conseguenze facilmente intuibili - sottolinea Alberti - Siamo consapevoli delle responsabilità che ci assumiamo durante il nostro lavoro e per questo ripetiamo con forza: dateci gli strumenti per operare e nello stesso tempo si arrivi a un inquadramento giuridico economico adeguato".

"La situazione nelle carceri italiane è infatti già critica in condizioni normali per il perdurare del sovraffollamento, il rischio di aggressioni fisiche e rischi biologici ai quali è esposto il personale sanitario che vi opera - ricorda Alberti - In questi ultimi tempi con i noti episodi di rivolta dei detenuti in vari istituti penitenziari italiani che hanno visto coinvolto in prima persona il personale sanitario che vi opera sfociato nel sequestro del personale medico e altro nel carcere di Melfi, passato inosservato o sminuito dagli organi di stampa. Questo clima è aggravato dalla non gestione da parte del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria dell'infezione da coronavirus, fino ad arrivare in alcuni istituti a vietare l'uso delle mascherine protettive 'perché generebbero un clima di pericolosità all'interno'".

"Nella maggior parte dei casi il personale sanitario - denuncia Alberti - opera senza o con scarsa dotazione dei Dpi, non se ne parla di eseguire tamponi e c'è difficoltà di isolamento per i casi sospetti o provenienti dalla libertà o da altri istituti a seguito di trasferimenti per i noti fatti di cronaca. Tutto tace, non ci si rende conto che qualora in un istituto si verifichino positività per il coronavirus vista la promiscuità e gli spazi ristretti dove sono costretti a vivere si verificherebbe una situazione veramente tragica".

"E' necessario prevenire al massimo una situazione del genere per questo con forza chiediamo che ci vengano dati gli strumenti adatti anche per salvaguardare gli operatori sanitari, che cominciano a scarseggiare perché un lavoro non ambito in quanto precario dal 2008 momento del passaggio al Ssn, ancora in attesa di un contratto nazionale, di un riconoscimento del lavoro di tipo particolare (sottolineato da numerose sentenze e dalla Corte Costituzionale), sottopagati e scarsamente tutelati", conclude Alberti.