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Liberazione Zagaria - Maresca: "Non posso crederci"
25/04/2020
Un boss scarcerato, Pasquale Zagaria detto Bin Laden; un altro che resta in cella, Benedetto Nitto Santapaola: continua a tenere banco, con decisioni contrastanti, la questione della concessione dei domiciliari ai detenuti, compresi quelli al 41 bis, come effetto delle prescrizioni anticoronavirus che indicano di sfoltire le presenze nelle carceri facendo scontare la pena altrove. E l'amministrazione penitenziaria cerca di correre ai ripari, coinvolgendo nel processo decisionale le Procure antimafia.
È stato il Tribunale di Sorveglianza di Sassari a disporre la scarcerazione di Zagaria, 60 anni, recluso al 41 bis con una condanna definitiva a 20 anni, legato al clan dei Casalesi e fratello del superboss Michele Zagaria. La decisione è stata presa per l'impossibilità di garantirgli nelle strutture sanitarie dell'isola la prosecuzione del percorso terapeutico di cui ha bisogno per una grave patologia. I magistrati, per evitare la scarcerazione, hanno anche chiesto il suo trasferimento in un altro istituto, ma «dal Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria - si legge nel provvedimento della Sorveglianza - non è giunta risposta alcuna...». In assenza di alternative, quindi, il Tribunale ha disposto la detenzione domiciliare del boss nel bresciano.
Si tratta di una scarcerazione, al pari di altre, su cui il ministero della Giustizia vuole vederci chiaro: per questo il Guardasigilli Alfonso Bonafede ha incaricato gli ispettori di Via Arenula di svolgere accertamenti.
Basito per la scarcerazione è Catello Maresca, uno dei pm antimafia che arrestò Zagaria. «Non ci posso credere. Si sta praticamente ricostituendo uno dei clan più pericolosi del Paese», dice il magistrato. «Spero solo che ora lo Stato si preoccupi di tutte le persone che corrono seri rischi a seguito di questa scarcerazione - aggiunge - a partire dai colleghi in prima linea che sono stati pesantemente minacciati. E se ci sono responsabilità, che vadano accertate e sanzionate. Qui si sta giocando con la vita delle persone perbene». Ma anche dai partiti, dai Verdi della Campania alla Lega, fioccano critiche al provvedimento.
Sorte diversa, invece, per Nitto Santapaola, 81 anni, detto «il cacciatore», rinchiuso nel carcere di Opera. «È ristretto in regime di 41bis» e «quindi in celle singole e con tutte le limitazioni del predetto regime che lo proteggono dal rischio di contagio»: questa la motivazione con cui il giudice della Sorveglianza di Milano ha bocciato la richiesta di differimento pena ai domiciliari per motivi di salute del capomafia.
L'istanza era stata presentata nei giorni scorsi dal suo difensore e la direzione del carcere - che in una nota descrive Santapaola come «soggetto di elevata pericolosità sociale, uno dei massimi esponenti di Cosa Nostra» - l'aveva inoltrata alla Sorveglianza insieme ad una relazione sanitaria sulle condizioni di salute del boss. Il giudice Paola Caffarena nelle poche righe di provvedimento chiede alla direzione del carcere di «tenere aggiornato questo ufficio circa le condizioni di salute del detenuto», ma non riscontra «allo stato i presupposti» per la concessione del rinvio della pena, proprio perché il regime del carcere duro garantisce l'isolamento idoneo a proteggerlo da un eventuale contagio.
Nei giorni scorsi altri detenuti sono stati scarcerati e questo ha suscitato un gran vespaio, anche politico, con l'opposizione all'attacco e il Governo che ha parlato di «strumentalizzazione» di una circolare del Dap che voleva essere solo un monitoraggio dei reclusi al 41 bis che, per età e condizioni di salute, potrebbero teoricamente godere del differimento della pena. Ed oggi dal ministero della Giustizia si apprende che sempre il Dap sta lavorando ad un'altra circolare, destinata ai direttori delle carceri, in base alla quale le istanze alla magistratura di sorveglianza dei detenuti appartenenti al circuito dell'alta sicurezza, o sottoposti al 41 bis, dovranno essere trasmesse alla procura nazionale antimafia e a quella distrettuale.
ansa.it