Cosa succede se metti un gruppo di detenuti attorno a un tavolo e proponi un gioco di società che simula la fuga da una prigione? È quello che ha fatto Gabriele Mari, progettista di giochi da tavolo per la Cobblepot Games ma anche educatore della cooperativa sociale La Pieve che nel carcere di Ravenna cura una iniziativa di coinvolgimento attraverso il gioco: «Non sapevo come avrebbero preso la mia proposta e alla fine è venuta fuori una buona dose di autoironia».
Ma è solo uno dei tanti aneddoti vissuti in tre anni: «La Pieve fa progetti educativi a tutto tondo e quando ci è stato proposto di fare qualcosa in carcere ci è venuto spontaneo pensare al mondo dei giochi da tavolo che offrono un approccio trasversale applicabile in ogni contesto. Era anche una scommessa». Che si può dire vinta visto che da tre anni ogni settimana a Port’Aurea c’è un momento di due ore in cui un gruppo di una decina di detenuti, qualcuno fedelissimo e altri che cambiano, si ritrova attorno a un tabellone: «Portiamo una decina di titoli e poi decidiamo in base al gruppo che c’è ogni volta, tenendo conto del livello di comprensione della lingua ma anche delle dinamiche. Diventa a volte anche un momento di crescita proprio perché le poche parole del gioco si imparano in diverse lingue. Ci siamo resi conto presto che queste persone vivono là dentro tutto il tempo ma si conoscono poco e allora spesso privilegiamo i giochi cooperativi che richiedono di fare squadra e di collaborare, piuttosto che andare su quelli più competitivi».
E l’esperienza dentro le mura del carcere ha mostrato aspetti inattesi: «Il gioco riesce in qualcosa che se ci pensi è una metafora interessante: persone che nella loro vita hanno infranto delle regole quando si ritrovano a giocare sono assolutamente lige a non barare». Ora l’idea è quella di alzare un po’ l’asticella: «Finora sono state due ore di intrattenimento ma vorremmo provare a passare a qualcosa di più creativo, cercando di modificare o creare regole per altri giochi, la massima aspirazione sarebbe proprio realizzare un gioco di società. E magari riuscire ad avere una piccola ludoteca accanto ai libri della biblioteca interna con il prestito di qualche titolo semplice, per giocare anche in cella come ora giocano a carte».
ravennaedintorni