Le 10 domande dei penalisti italiani al Presidente del Consiglio, al Ministro della Giustizia, al Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria ed al Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale.
Ci voleva la Via Crucis del Papa, in diretta in tutto il mondo, per riaprire la domenica di Pasqua il problema cruciale delle carceri in Italia, e della situazione esplosiva che si registra negli istituti di pena di tutto il Paese dopo l’esplosione della pandemia da coronavirus. Ma appena il giorno prima che il Papa si caricasse sulle spalle la croce del grande e tristissimo pianeta-carcere, la Giunta e l’Osservatorio Carcere dell’Unione delle Camere Penali Italiane, di fronte alle notizie sempre più allarmanti provenienti dal pianeta carcere in ordine al rischio di diffusione dell’epidemia negli istituti penitenziari italiani, registravano e denunciavano “la ostinata cortina di silenzi, reticenze e disinformazione che continua ad essere mantenuta in ordine alle seguenti 10 questioni, il cui chiarimento non è più oltre rinviabile”.
Oggi domenica di Pasqua, giorno in cui la Chiesa tradizionalmente perdona tutti, e prega per i più soli e per gli emarginati del mondo, noi vogliamo fare nostre le domande e gli interrogativi che i penalisti italiani hanno rivolto qualche giorno al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e al Ministro della Giustizia Alfondo Bonafede, perchè dentro queste dieci domande, a cui nessuno però ha ancora mai risposto, c’è per intero il dramma smisurato e incontenibile di migliaia e migliaia di uomini e donne che oggi trascorreranno la Pasqua rinchiusi in carcere.
1. È mai stato fatto un calcolo probabilistico del numero dei detenuti che dovrebbero lasciare le carceri in forza dei provvedimenti adottati con il Decreto Cura Italia, e dei tempi in cui ciò dovrebbe avvenire, al netto delle scarcerazioni alle quali stanno provvedendo da settimane - indipendentemente dal Decreto- numerosi Tribunali di Sorveglianza in applicazione delle leggi già vigenti?
2. Quanti sono, alla data di oggi e poi in date successive e precisamente individuate, i braccialetti elettronici materialmente e certamente disponibili, al netto dei 2.600 già da anni in dotazione ma tutti già impegnati per le custodie cautelari domiciliari?
3. Oltre al numero dei contagiati, quanti sono i detenuti certamente entrati in contatto con questi, e quali misure conseguenti sono state adottate per la loro quarantena?
4. Quanti sono i detenuti entrati in contatto con gli agenti di polizia penitenziaria ad oggi risultati contagiati, e quali misure conseguenti sono state adottate per la loro quarantena?
5. Il numero dei detenuti contagiati, ad oggi indicati in 21, è calcolato sui sintomatici? Ed in tal caso, vi è una ragione per la quale si sia ritenuto di non procedere ad uno screening dell’intera popolazione carceraria, date le condizioni sanitarie e materiali di potenzialità epidemica?
6. Gli agenti di Polizia penitenziaria ed il personale amministrativo sono stati tutti sottoposti a tampone?
7. È possibile sapere, senza reticenze o vuoti giri di parole indegni di un Paese democratico, se i reparti di isolamento per i contagiati o sospetti di contagio siano tecnicamente e sanitariamente tali, vale a dire celle singole con bagni e docce riservati? Quanti sono -visto che ci si ostina a non comunicarne il dettaglio - tra i 21 detenuti contagiati, quelli posti in stanze di isolamento singole, e quanti in stanze di due o tre letti, ed in quali carceri?
8. Quante mascherine e sistemi di protezione sono stati distribuiti tra i detenuti, e quanti tra gli agenti di Polizia penitenziaria ed il personale amministrativo delle carceri?
9. In caso di trasferimento del detenuto, viene effettuato il tampone all’interessato ed alla scorta?
10. La vigilanza sanitaria ed il governo medico sui rischi di contagio nelle e dalle carceri sono affidati ad una equipe di epidemiologi, o sono affidati alle singole direzioni sanitarie di ciascun penitenziario, ed in tal caso con quale livello di specializzazione?
Ma oggi che è domenica di Pasqua vogliamo fare nostro anche l’appello finale che le Camere Penali d’Italia hanno rivolto, ma senza nessun risultato, al Presidente Conte e al Ministro Alfonso Bonafede: “Lo ripetiamo: il rischio di epidemia nelle carceri riguarda i detenuti, la polizia penitenziaria ed il personale amministrativo e civile che in esse opera, ma riguarda ovviamente anche la intera comunità sociale, per la ovvia, catastrofica ricaduta sulle strutture sanitarie pubbliche di un eventuale contagio di massa. Rispondano a questi dieci quesiti, ciascuno per le proprie responsabilità, il Presidente del Consiglio, il Ministro della Giustizia, il Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria ed il Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale. Non vi è più spazio per silenzi e reticenze”. E a quanti oggi sono in carcere, sperando che il coronavirus resti fuori dalle celle di ognuno, diciamo soltanto e semplicemente “Buona Pasqua fratelli” .
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