«Le condizioni carcerarie della Romania» sono caratterizzate da «gravi carenze sistemiche». E per i detenuti è «concreto» il rischio di un «trattamento inumano e degradante». Ecco perché, secondo la Cassazione, la Corte d’Appello di Torino non avrebbe dovuto «disporre la custodia di un cittadino romeno all’autorità giudiziaria di Bucarest» senza aver prima chiesto e ottenuto informazioni sulla situazione delle prigioni di quel Paese.
A rivolgersi ai giudici di Roma, proponendo ricorso contro una sentenza pronunciata a Torino il 22 maggio scorso, è stato un 36enne romeno detenuto alle Vallette e destinatario di un mandato di arresto europeo in seguito a una condanna a un anno di reclusione, subita in patria, per percosse, lesioni personali e violazione di domicilio. Ma il 36enne a Bucarest non vuol tornare. E la Cassazione gli ha dato ragione. I giudici piemontesi non avrebbero infatti «adeguatamente verificato le condizioni carcerarie alle quali l’uomo sarebbe stato sottoposto» nel proprio Paese.
«La Corte d’Appello di Torino — scrivono gli «ermellini» — non ha fatto corretta applicazione dei principi non avendo richiesto informazioni» specifiche, ma essendosi limitata a fare riferimento alle notizie «fornite dall’amministrazione penitenziaria romena per altri procedimenti riguardanti altri soggetti».
Le risposte giunte da Bucarest, in effetti, non chiariscono quale sia il numero di detenuti all’interno della struttura «ospitante», quali le condizioni igieniche di bagni e docce, nulla dicono sulla presenza di acqua calda e riscaldamento e sulle dimensioni e la pulizia delle celle. E neppure un accenno viene fatto alle modalità di somministrazione dei pasti. Non è un mistero, infatti, che in alcune prigioni romene ci siano celle di 30 metri quadrati che ospitano fino a 20 detenuti, che per tutti loro ci sia solo un lavandino a disposizione, che agli ospiti della struttura siano concesse appena tre docce a settimane e per non più di cinque minuti.
Insomma, un autentico inferno. E così, ai giudici torinesi spetterà adesso il compito di «assumere le informazioni sulle condizioni di detenzione» e poi «formulare un nuovo giudizio» relativamente alla richiesta giunta da Bucarest. Nel frattempo, del 36enne romeno si prenderà cura la nostra amministrazione penitenziaria.
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