Via libera del Consiglio di Stato al decreto che riforma, dopo 85 anni, la Cassa delle ammende, costituita nel 1932 per favorire il reinserimento dei detenuti con programmi di assistenza per loro e le famiglie. Il provvedimento del ministero della Giustizia, che disegna lo statuto della Cassa, ha, però, bisogno di alcune precisazioni e correzioni.
I giudici della sezione atti normativi del Consiglio di Stato ritengono "altamente apprezzabile" - così scrivono nel parere 183/2017 di ieri - la volontà del ministero della Giustizia di procedere, dopo tanti anni, a una riorganizzazione della Cassa. Anche perché, per quanto il legislatore sia intervenuto sulla legge istitutiva la (la 547 del 1932) sia nel 2008 sia nel 2016, la "gestione della Cassa è stata poco efficace, soprattutto a causa dell'assenza di una strategia di base e di un'adeguata programmazione, in grado di orientare in modo unitario l'attività di finanziamento". Insuccesso che risulta ancora più marcato se si guarda alla finalità rieducativa della pena sancita dall'articolo 27 della Costituzione e perseguita dalla Cassa.
A tal proposito, il Consiglio di Stato condivide e sottoscrive l'intenzione del ministero di allargare il raggio d'azione della Cassa a tutti i soggetti sottoposti a misure di limitazione della libertà personale. Dunque, non solo "detenuti e internati", come prescrive la norma (articolo 4) del 1932, ma anche chi è ai domiciliari o si trova sottoposto ad altre misure alternative alla detenzione introdotte nel corso degli anni.
Ci sono, poi, alcuni profili del decreto che vanno meglio specificati o modificati. Intanto, la necessità che sul futuro funzionamento della Cassa il ministero eserciti un costante monitoraggio. Inoltre, l'esigenza che il consiglio di amministrazione - costituito da cinque componenti (due rappresentanti della Giustizia, uno dell'Economia e uno del Lavoro) - si apra all'esterno. Almeno un componente - scrivono i giudici amministrativi - non dovrebbe appartenere ai ranghi dell'amministrazione, ma essere scelto tra esperti di psicologia, criminologia o dell'associazionismo nel settore dell'esecuzione penale, profili che possono dare un prezioso contributo alle questioni che la Cassa deve affrontare e risolvere.
Il Sole 24 Ore