In quelle celle non sono garantiti i tre metri quadrati "calpestabili". Per questo un cittadino romeno, attualmente nel Bresciano, non può essere consegnato alla giustizia della nazione d'origine. La sentenza è della Corte d'appello di Brescia e arriva dopo la pronuncia, sul medesimo caso, avvenuta nel luglio scorso, della Corte di Cassazione. Dalla Suprema Corte era stato accolto il ricorso di un 39enne romeno che vive nella zona del basso Garda bresciano ed è assistito dagli avvocati Alessandro Bertoli e Mauro Bresciani. Nel marzo scorso il romeno era finito a Canton Mombello in esecuzione di un mandato di arresto europeo per diversi reati, tra cui l'associazione a delinquere e furto. Reati che sulla base di quanto stabilito dalla magistratura romena sarebbero stati commessi in Romania nel 2011.
Poco dopo l'arrivo in Italia quindi il 39enne era stato arrestato e nei mesi successivi la prima sezione penale della Corte d'appello ne aveva disposto la consegna alla Romania. Ma nel mese di luglio la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, con riferimento a uno dei motivi. Si tratta della "mancata richiesta alle autorità romene di garanzie sul trattamento penitenziario a cui dovrà essere sottoposto il consegnando, alla luce dei criteri fissati da ultimo dalla Corte di giustizia U.E. il 5 aprile 2016 in caso di consegna verso Stato membro nel quale sia documentato il rischio concreto di trattamento inumano e degradante".
La Suprema Corte, nella sentenza d'accoglimento del ricorso faceva riferimento a "fonti di sicura attendibilità provenienti dal Consiglio d'Europa e dalla Corte Edu" che "dimostravano come la situazione delle carceri in Romania fosse particolarmente allarmante". Quindi sarebbe spettata alla Corte d'appello di Brescia, prima della decisione sulla consegna del cittadino romeno, la attivazione "per le dovute verifiche". Dopo l'annullamento della sentenza con rinvio ad un'altra sezione, la seconda, la Corte d'appello si è attivata, attraverso il Ministero della Giustizia, per ottenere una serie di informazioni. Da parte della Romania è stato risposto, che il cittadino avrebbe scontato la pena in un carcere dove avrebbe usufruito di uno "spazio minimo individuale" di "tre metri quadrati in caso di esecuzione della pena" in "regime chiuso" e "due metri quadrati" in caso di "regime semiaperto o aperto".
Per la Corte d'Appello di Brescia, che fa riferimento alla Cassazione, la risposta romena "non garantisce" lo "spazio individuale intramurario conforme agli standard europei" che "va individuato in tre metri quadrati "calpestabili". Tale spazio non sarebbe assicurato, con riferimento al cittadino romeno di cui si è chiesta la consegna, perché "sulla scorta della risposta pervenuta, lo spazio minimo individuale garantito è quello di tre metri quadrati" per il "regime chiuso" e di "due metri quadrati" per "il regime semiaperto o aperto" in cui vanno "inclusi tuttavia il letto e i mobili afferenti". Dai magistrati d'appello viene quindi sottolineato che "il letto è normalmente pari a circa 1,5 metri quadrati" e quindi resterebbero "in caso di regime chiuso non più di 1,5 metri quadrati e in caso di regime semiaperto o aperto non più di 0,5 metri quadrati sempre calpestabili" in "aperta violazione" di quanto stabilito dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo e dalla Carta dei Diritti Fondamentali UE, secondo quanto interpretato dalle Corti Europee. La richiesta di consegna "va quindi rifiutata".
Il cittadino romeno nel frattempo è tornato in libertà. La Corte d'appello di Brescia, peraltro, precisa che "ove in un tempo ragionevole lo Stato della Romania faccia pervenire assicurazioni circa il rispetto nel caso concreto" dei "parametri minimi di detenzione sopraindicati (tre metri quadrati calpestabili nella cella)", la decisione "potrà essere rivista" e "potrà essere, sussistendo le altre condizioni di legge, eventualmente emessa sentenza favorevole alla consegna".
Corriere della Sera