Non più solo critiche e ironie sui social per il montaggio auto-celebrativo dell'arrivo di Cesare Battisti all'aeroporto di Ciampino.
Adesso il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede rischia guai veri per il video-spot divulgato su Facebook martedì nel tentativo di strappare cinque minuti di celebrità all'ingombrante collega Matteo Salvini.
Perché lo scorrere di quelle immagini dal titolo accattivante, «Il racconto di una giornata che difficilmente dimenticheremo», accompagnate da una colonna sonora scelta personalmente dal Guardasigilli, avrebbe violato, oltre al buongusto, un bel po' di norme. Non solo, il ministro potrebbe anche aver compromesso la sicurezza degli operatori di polizia. Il putiferio questa volta non è soltanto politico. Ci sono gli avvocati sul piede di guerra, pronti a presentare un esposto contro Bonafede, e i poliziotti imbarazzati perché nel video si vede chiaramente un collega, forse un agente sotto copertura o comunque per nulla contento che venisse svelata la sua identità, che quando si accorge di essere inquadrato dalle telecamere cerca affannosamente di coprirsi il viso con una sciarpa. La Camera penale di Roma ha annunciato che presenterà un esposto alla Procura chiedendo di verificare se Bonafede, diffondendo quel video, che mostra tra l'altro le procedure di fotosegnalamento negli uffici della questura e la raccolta delle impronte digitali, abbia violato non solo la norma del codice penale che vieta la pubblicazione di immagini di una persona privata della libertà personale ripresa con le manette o altro mezzo di coercizione fisica, ma anche quella contemplata dall'ordinamento penitenziario che sanziona chi non adotti le «opportune cautele per proteggere i soggetti tradotti dalla curiosità del pubblico e da ogni specie di pubblicità». Ragioni legali, ma anche etiche dietro la mossa dei legali: «I diritti si rispettano per tutti, anche e soprattutto per chi non li merita», osserva infatti Cesare Placanica, presidente della Camera penale di Roma.
E dire che Bonafede, prima di essere ministro della Giustizia è anche avvocato. Queste norme elementari sui diritti dei detenuti devono essergli sfuggite nella foga di ritagliarsi qualche merito nella cattura dell'ex terrorista. Il numero uno di via Arenula ha fatto andare su di giri anche il garante nazionale dei detenuti, Mauro Palma, che lo ha sollecitato a rimuovere il video confidando nella sua più volte affermata volontà di rispettare la dignità delle persone. Il garante - già colpito da quell'espressione, «marcirà in galera», usata da Salvini il giorno dell'arrivo in Italia di Battisti - ricorda che «epiteti, frasi e immagini che puntano ad acquisire consenso attraverso il ricorso ad un linguaggio del tutto estraneo a quello del Costituente, finiscono per consolidare una cultura di disgregazione sociale e di tensione di cui il Paese non ha certamente bisogno».
Il governo invece dovrà rispondere all'interrogazione depositata dalla vicepresidente del Senato Anna Rossomando (Pd), sottoscritta anche dal capogruppo Pd Andrea Marcucci e da numerosi senatori, in cui si chiede se «la pubblicazione del video non abbia esposto i poliziotti penitenziari e gli agenti di polizia a rischi per la loro sicurezza e incolumità e cosa intenda fare il ministro per tutelarli dopo la rivelazione e diffusione ad un larghissimo pubblico della loro identità». Il ministro dovrà chiarire se tra gli uomini ripresi «vi fossero anche appartenenti al Gom, reparto della polizia penitenziaria che svolge il delicato compito della custodia di pericolosi detenuti mafiosi e terroristi».
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